Vronskij a Milano nel romanzo di Piersanti. Finalisti Strega

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5 Giugno 2022

Claudio Piersanti – Quel maledetto Vronskij – Rizzoli, Milano 2021.

Siamo agli inizi del secolo-millennio volgente nella Milano del ceto medio semiriflessivo o della piccola borghesia impiegatizia. Giovanni su cui si focalizza la voce narrante è un ex tipografo cinquantenne, licenziato alle prime avvisaglie delle nuove tecnologie digitali di fotocomposizione e stampa. Egli si è riciclato, non senza amarezza e stizza per il trattamento subito, aprendo una grande copisteria-tipografia dalle parti di piazza Cordusio, zona in cui il vostro recensore ha lavorato per un decennio e che conosce molto bene. [Ehm, acquistare 200 mq in Cordusio seppur all’asta, senza tener adeguato conto dell’azione di disturbo delle malavitose Compagnie della Morte che si aggirano nei tribunali, ma grazie ai buoni auspici di uno zio e soprattutto impiegando i miseri denari di un trattamento di fine rapporto da tipografo, è una cosa che solo nei romanzi a Milano si può fare. In fondo al libro si apprenderà, a evidente precisazione di una costruzione traballante, che lo zio Andrea, che appare nel romanzo solo per il disbrigo di questa incombenza narrativa, gli aveva messo tre assegni circolari in busta con impegno generico a restituirgliene l’importo, ma fortunatamente tre anni dopo era morto, e  all’asta dell’esecuzione immobiliare non s’era presentato nessun altro. Nessuno per 200 mq in Cordusio? Semplicemente impossibile, romanzesco. Ma sono incongruenze innocue dell’affabulazione. Succede anche ai sommi. Flaubert scrive nell’ Educazione sentimentale della gravidanza di Rosanette avvenuta nel ’48 e del parto nel ’51].

Giovanni ha pochi parenti tra cui la cugina Bruna e pochi amici. Tra questi con cui consuma i pasti in una tavola calda nei pressi del suo negozio c’è il Gino che lo mette a parte della sua crisi coniugale con la Nina, che nei momenti più acuti di crisi si accompagna con qualche giovanotto. Il nostro Giovanni pare invece star bene con la moglie, Giulia, che però è malata.
La coppia ha una figlia, la “Piccola” chiamata dai due coniugi, che vive lontano, in Germania e della quale immaginano i pasti a base di würstel con una punta di tristezza. Vivono al capolinea del “14” lato Musocco e non Giambellino, lo si desume dal fatto che Giovanni qualche volta fa delle corsette nel vicino Ippodromo. Casa con giardinetto davanti, curato da Giulia che è qualcosa di più di un “pollice verde”: vi crescono ibiscus favolosi. Giulia è una bella donna, e come non è infrequente nel ceto impiegatizio milanese, ha una mansione di rilievo: fa la segretaria di direzione e conosce tre lingue. [La signora che mi prese a pensione nei tardi anni ’70, mi raccontava che alla fine degli anni ’30 lavorava in San Babila in una compagnia di petroli. A me sembrò una rivelazione fiabesca: mia madre, per dire, negli stessi anni travagliava in una “fabbrica” di liquirizia con le mani sempre tagliuzzate. Due universi sideralmente distanti. Scusate, ancora ronzii del “mio” romanzo mentre leggo un romanzo].
Tutto questo preambolo per dire che i nostri coniugi si amano, si parlano assieme (è un milanesismo), fanno all’amore. Nulla che faccia presagire quel che seguirà. Succede che Giulia guarisce, ma proprio in quel momento s’eclissa lasciando un biglietto laconico: «Perdonami, sono tanto stanca. Non mi cercare». E al cellulare non risponde.

Qui inizia il romanzo. L’uomo è solo coi suoi fantasmi. Smarrito. Cerca tracce, prove di ciò che gli è successo. Ci sono i libri di lei, donna più colta di lui che ha letto solo il Don Chisciotte, ci sono questi due tomi di Anna Karenina. Forse lei è fuggita con un Vronskij? Ma ecco prevalere, nel gorgo della sua disperazione, l’istinto pratico e manuale del proto. Decide di riversare il romanzo di Tolstoj nella sua linotype e di farne una edizione tutta propria, un unico esemplare…

Siamo davanti a un romanzo statico con trama esile com’è la vita della piccola borghesia. Tutto svolto per linee interne e piccoli scatti e smottamenti psichici interiori. Un plot prevalentemente con meccanismo di rivelazione ma che tenta il meccanismo di risoluzione: c’è un enigma da risolvere dopotutto, dare risposta a un grande perché e su cui agglutinare la trama, le linee narrative, i temi portanti. Perché Giulia è fuggita? Un punto di domanda che cerca una risposta. E che dovrebbe mettere “in tensione” il materiale di costruzione della trama e uncinare il lettore.

Il romanzo di Piersanti è presentato dalla famosa germanista Renata Colorni. Non saprei a quale romanzo di quella grande area culturale poter collegare questo che lei ci suggerisce. A me alcune pagine hanno ricordato il ron-ron interiore dell’uomo solo urbano-metropolitano della Suora giovane di Giovanni Arpino ritratto in una Torino da interni spettrali e da albe gelide e crude. Altri passi invece, specie gli interrogativi sull’ordine o meglio dire disordine del mondo, mi hanno riportato alla mente il racconto Il correttore di George Steiner esemplato sulla figura di Sebastiano Timpanaro: il mondo come un testo in cui il correttore di bozze lì, il proto qui, si ostinano a cercare gli errori, i refusi, le mende, la virgola, l’apostrofo o il termine sbagliato che mandano il mondo in malora. [Noi lettori siamo fatti così: compariamo nella nostra camera oscura della memoria ombre e risonanze, antiche suggestioni e tracce mnestiche di passate letture, e sempre proviamo la “meravigliosa solitudine” come la definiva Proust davanti al testo del grande libro del mondo]. Ecco che leggiamo qui:

«Il nuovo secolo si apriva davanti a lui pieno di imperfezioni e di errori. Dagli errori ormai così frequenti anche nei titoli di giornale a quelle facce consunte e infelici dei pluridivorziati e promiscui d’ogni genere. Gli errori ti consumano, non arricchiscono affatto. Ricordava sempre il cartello che troneggiava sui tavoli luminosi della grande tipografia: UN’ASINO».

Siamo entrati nell’epoca di “un’asino”?

Il libro che abbiamo tra le mani sembra avere questa ambizione: scrutare nella vita anonima di un piccolo borghese semiacculturato i segni, le spie indiziarie del grande disordine del mondo a partire dalle epocali trasformazioni a inizio secolo e millennio correnti che irretiscono il Globo come quella digitale. Il tutto affrontato con una prosa secca, lucida e antiespressiva, a tratti gelida e marmorea. Con momenti come questo che sconcertano: «La felicità è leggerezza, è una cosa sottile, che se la chiami con il suo nome scompare». Ma i brividi che proviamo sono indecifrabili. Non sappiamo se provengano dal mondo ritratto, dal senso di solitudine provato in compagnia del protagonista [e se succedesse anche a noi di restare soli nella grande citta? come ci apparirebbero angoli consueti di corso Buenos Aires o del Cordusio fasciati dallo sguardo sofferente della solitudine?] o piuttosto da un testo neutro e a tratti ordinario.
Le convenzioni impongono di non rivelare il finale. Tranne che forse Vronskij non è un temibile amante ma qualcosa di più astratto e terribile.

Il riferimento metalettario comunque risulta alla distanza sovraordinato e tutto mentale, frutto di una decisione redazionale imposta e senza sbocco se non quello di un parallelo che dovrebbe produrre letteratura al quadrato e invece svanisce quando tocca terra nella realtà delle cose narrate.
Temo infine che il libro, seppur esibente qualche malìa segreta, si perderà nel grande mare della produzione media dei libri medi.

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Finalisti PREMIO STREGA 2022
A fianco di ogni libro troverete il link alla sua recinzione (recingere con un testo un altro testo) su questa rivista man mano che pubblicherò le recinzioni dei 12 romanzi finalisti.

I finalisti sono:

1. Marco Amerighi con “Randagi” (ed. Bollati Boringhieri), presentato da Silvia Ballestra. urly.it/3ny2q

2. Fabio Bacà con “Nova” (ed. Adelphi), presentato da Diego De Silva. urly.it/3nypf

3. Alessandro Bertante con “Mordi e fuggi” (ed. Baldini+Castoldi), presentato da Luca Doninelli. urly.it/3nvnf

4. Alessandra Carati con “E poi saremo salvi” (ed. Mondadori), presentato da Andrea Vitali. urly.it/3p5zh

5. Mario Desiati con “Spatriati” (ed. Einaudi), presentato da Alessandro Piperno. urly.it/3nv-j

6. Veronica Galletta con “Nina sull’argine” (ed. minimum fax), presentato da Gianluca Lioni. urly.it/3p89p

7. Jana Karšaiová  con “Divorzio di velluto” (ed. Feltrinelli), presentato da Gad Lerner. urly.it/3nx4h

8. Marino Magliani con “Il cannocchiale del tenente Dumont” (ed. L’Orma), presentato da Giuseppe Conte. urly.it/3n-nv

9. Davide Orecchio con “Storia aperta” (ed. Bompiani), presentato da Martina Testa. urly.it/3p34g

10. Claudio Piersanti con “Quel maledetto Vronskij” (ed. Rizzoli), presentato da Renata Colorni. urly.it/3nzhn

11.Veronica Raimo con “Niente di vero” (ed. Einaudi), presentato da Domenico Procacci. urly.it/3nsnm

12. Daniela Ranieri con “Stradario aggiornato di tutti i miei baci” (ed. Ponte alle Grazie), presentato da Loredana Lipperini. urly.it/3nrz8

 

 

 

TAG: Claudio Piersanti, Finalisti Premio Strega 2022, Milano Piazza Cordusio, Piccola borghesia
CAT: Letteratura

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